Vegano si, vegano no?

Come non scrivere almeno un articolo su una delle tematiche alimentari più discusse degli ultimi anni? La dieta vegana: moda alimentare o dieta salvavita?
Cercherò di essere il più concisa possibile, conoscendo il rischio di creare scompiglio, tralasciare aspetti importanti o semplificare troppo il discorso. Tutto quello che scriverò rappresenta il mio punto di vista e non vuole porsi come verità assoluta, sia chiaro, anche se nella discussione inserirò vari riferimenti bibliografici per documentare il percorso (almeno una parte) che mi ha portata a trarre queste conclusioni. Tratterò esclusivamente l'aspetto dietetico del veganismo, che in verità è un'ideologia molto complessa che abbraccia tutti gli aspetti del vivere, non solo quello alimentare.

Rapidissima definizione, per chi non fosse informato: un'alimentazione vegana è basata al 100% sui vegetali (cereali integrali, frutta, verdura, legumi, alghe, spezie, erbe aromatiche, semi e frutta secca a guscio ecc) ed esclude tutti gli alimenti di origine animale o che implichino sfruttamento animale (carne, pesce e derivati, uova, latte e derivati, miele, ecc) e quelli raffinati (es. lo zucchero o la farina bianca 00, ecc). A vederlo così sembrerebbe un regime molto monotono, ma in realtà non lo è se si è disposti a sperimentare e cambiare modo di fare la spesa e di cucinare. Inoltre, la nostra tradizione gastronomica italiana è ricca di piatti buonissimi a base di soli ingredienti vegetali.
Dal punto di vista nutrizionale è una dieta ritenuta completa e approvata dall'American Dietetic Association. Qualche controversia su alcuni sali minerali (soprattutto il Ferro) e vitamine per la loro biodisponibilità (capacità dell'organismo di assorbire e trattenere l'elemento) e sicuramente B12 da integrare. Possiamo tuttavia ritenerlo un problema molto relativo, molte diete onnivore infatti, se poco varie, risultano carenti di micronutrienti, situazione che si può affrontare in ogni caso usando una saggia integrazione, se non possibile tamponare con le opportune modifiche alimentari. Quello che l'ADA sottolinea, affinché la dieta vegana sia nutrizionalmente adeguata, è l'importanza di un corretto bilanciamento (per cui, non improvvisatevi! Fatevi seguire!). Mio parere personale, maturato però da approfondite letture e dal confronto con diversi colleghi: la dieta vegana è soprattutto adatta a chi fondamentalmente sta bene, non è in una fase di crescita e non ha significativi problemi di denutrizione e di salute.
La dieta vegana non è per tutti. In alcuni casi, infatti, quali allergia al nichel, psoriasi, malattie infiammatorie intestinali, grave malnutrizione, fruttosemia, diabete, ecc. la dieta vegana è altamente controindicata. In altre situazioni, come la prima infanzia, la gravidanza, l'allattamento e la terza età è consigliabile monitorare attentamente lo stato nutrizionale del soggetto, prima di buttarsi a capofitto in un regime vegano.

Non confondiamo la dieta vegana con la vegetariana, che invece consente latte e derivati, a volte anche le uova e il pesce (ci sono diverse varianti).
Gli effetti di questo tipo di alimentazione sulla salute sono studiati e dimostrano numerosi benefici di tipo preventivo [1] [2] [3] [4].

Detto ciò, mi confesso: no, non sono vegana. Dalle ricette che pubblico potrebbe sembrarlo, se un domani dovessi diventarlo lo farei per sole ragioni di impatto ambientale. La mia scelta cade sull’onnivorismo per molte ragioni, di base nutrizionali (sono una fortissima sostenitrice della "dose che fa il veleno" e della qualità alimentare, intesa come scelta qualitativa degli alimenti e loro modalità di manipolazione. Non credo che sia sano escludere totalmente intere categorie alimentari e non ritengo propriamente salutare l'esagerato consumo di cereali. Sono molto contraria all'uso della soia e dei suoi derivati, per non parlare del seitan, che inoltre richiede grande spreco d'acqua per la sua produzione. Non trovo nutrizionalmente corretto l'abuso dei legumi, soprattutto se non adeguatamente trattati in cottura) ma anche di natura personale e culturale (la semplifico e banalizzo così: se devo bere un buon barolo non potrei mai sorseggiarlo su della verdura, me lo ucciderebbe. Inoltre sono una “curiosa alimentare”, amo sperimentare e assaggiare cibi diversi, anche di culture diverse e questo libertinismo alimentare cozza molto con i principi vegani). 

Nonostante io non sia vegana né vegetariana rispetto le altrui scelte alimentari, se fatte con coscienza e conoscenza, ammiro anzi la sensibilità verso lo sfruttamento degli animali e l'ecologia, condivido alcune scelte ideologiche e seguo dei pazienti che hanno deciso di abbracciare questa ideologia, che ritengo possa essere adeguata per certe persone, se fatta idoneamente e se, laddove si rilevasse necessario, fosse adeguatamente integrata.

Quello che non condivido e che cerco di combattere quotidianamente è la disinformazione associata alla cattiva informazione, che sono un po’ figlie di internet e del nostro tempo (tutti possono dire di tutto e in pochi click renderlo visibile e condivisibile con milioni di altri utenti).
Purtroppo esiste un folto gruppo di personaggi di vario genere (che io simpaticamente chiamo  "stregoni" - consulta il post specifico per saperne di più), che consigliano l'uso di sostanze omeopatiche a scopo terapeutico, o propongono test di nulla validità scientifica, e che in ambito vegano hanno molta presa, proprio per la connotazione "naturalistica" dell'ideologia. In sostanza, venditori di fumo a carissimo prezzo.

Altro gruppo, ancora più pericoloso del precedente, è quello degli specialisti della salute (medici, biologi, nutrizionisti, dietisti ecc) che avvalorano e sostengono tesi e studi di poca o nessuna valenza scientifica. Sono i vari "convertiti" all'alternativo, che si mobilitano nella loro crociata contro la "medicina tradizionale". Sono quelli che eseguono i vari Vegatest et similia, ma anche più semplicemente quelli che leggono un libro o uno studio e prendono per verità assodata i risultati acclamati da chi lo ha scritto, senza porsi qualche domanda in più (informarsi su come sono stati interpretati i dati, sull’attendibilità delle fonti, dello studio stesso, della rivista che lo pubblica, ecc). Sono, purtroppo, quelli che vendono l'anima (e il cervello!) al diavolo e su proprie supposizioni, o su dati falsi perché manipolati, vanno a costruire intere fraudolente teorie (vedi il terribile caso dei vaccini che provocherebbero l'autismo, molto diffuso anche in Italia).

Molto interessante è anche il gruppo dei giornalisti o sedicenti tali, che a volte meriterebbero di essere presi a schiaffi, oltre che radiati. Quelli che, senza avere le basi culturali per farlo, commentano una notizia o addirittura uno studio, oppure si rivolgono ad un esperto ma non si preoccupano di interpellare una controparte che non la pensi allo stesso modo, in modo da creare un costruttivo dibattito. Per non parlare di quando non verificano la notizia e contribuiscono alla propagazione delle bufale mediatiche. Disastro (utile dare un occhio alle bufale su questo argomento smarcherate dalla Cancer Research Uk, la traduzione in italiano qui). Ritengo estremamente pericolosi alcuni messaggi mediatici rivolti a determinate patologie (es. cancro), perché colpiscono fette di popolazione estremamente fragili (persone devastate dalla paura, dalla malattia stessa, dalle cure e spesso prive dello scudo culturale, che permetta loro di filtrare le notizie, e disposte ad affidarsi ciecamente a qualsiasi persona gli dica “ho io la soluzione”) e rischiano di generare veri e propri disastri (ricordiamoci casi di massiccia disinformazione di massa, quali Stamina e le campagne antivaccinali).
Cade proprio a fagiolo un fatto accaduto a marzo di quest'anno: ricordate la Nutrizionista crudista andata in onda in prima serata su “Le Iene” (la trasmissione che già un bel casino lo aveva combinato proprio con Stamina, ma lasciamo stare..)? Beh, questo è proprio un classico esempio di come un messaggio forte, e magari con delle potenzialità benefiche, possa invece generare un danno di altrettanta intensità. Sintetizzo cosa è andato in onda: il Sig. Antonio, affetto da tumore con una metastasi cerebrale, fa tutte le varie terapie del caso e poi, quando gli propongono una ulteriore chemio per la metastasi, si rifiuta e decide di farsi "curare" da una nutrizionista, che gli propone una dieta vegana. Il sig. Antonio accetta e dopo tot mesi, alla nuova risonanza, la metastasi non c'è più. Messaggio: l'alimentazione vegana cura i tumori. Attenzione: esistono evidenze scientifiche che dimostrano i numerosi effetti preventivi delle diete vegane e vegetariane, anche sul cancro, ma non quelli curativi. E, giustamente, la comunità scientifica seria ha avuto da ridire, in quanto un messaggio del genere potrebbe spingere i più ingenui e sprovveduti ad abbandonare le terapie "tradizionali" per dedicarsi solo alla dieta o a cure "alternativo-omeopatiche". Il caso del Sig. Antonio è emblematico e va comunque ben interpretato: le terapie sono state eseguite e non possiamo sapere con esattezza quanta parte della guarigione sia attribuibile alla radioterapia (precedentemente fatta) e quanto alla dieta (sicuramente non possiamo trovare una causa univoca e diretta). Un solo esempio non fa scienza, così come non la fanno casi opposti, di persone molto attente all'alimentazione che sono morte giovani per il cancro o di soggetti che nell'abbracciare la scelta salutista vegana riscontrano effetti indesiderati (curioso un recente e molto discutibile studio Austriaco, in cui si evidenziano maggiori casi di depressione ed allergia nei vegani rispetto agli onnivori. In verità i risultati di questo studio meritano una corretta interpretazione, tuttavia rappresenta uno spunto importante di come nella ricerca scientifica si possano rilevare dati contrastanti, che presi da soli non fanno scienza).

Diciamoci la verità. Mangiare frutta e verdura è salutare e lo sappiamo dalla notte dei tempi, grazie al loro contenuto in polifenoli, vitamine, sali minerali e fibra, e non perché “alcalinizzino” il corpo; la dieta vegana può essere preventiva verso lo sviluppo di molte malattie ma non è una cura sostitutiva; la dieta vegana non è la panacea da ogni male e non può essere seguita da tutti, rilevandosi in determinati casi davvero pericolosa e controindicata (si pensi alle persone allergiche al nichel, ai malati di psoriasi, a chi soffre di malattie infiammatorie intestinali, ai gravi defedati/cachettici, ai fruttosemici, ecc. ecc.); è molto probabile una correlazione tra dieta per lo più carnivora (e aggiungerei: sbilanciata!) con lo sviluppo delle principali malattie cronico degenerative, ma l'alimentazione non è l'unico fattore e ancora non abbiamo trovato una relazione di causalità diretta (chi avesse voglia può dare un occhio a questi interessanti articoli [5] [6] che spiegano la differenza tra correlazione e causalità). Poi, cosa di cui si parla troppo poco, bisognerebbe considerare maggiormente il tipo di carne che stiamo mangiando e se l'insorgenza di effetti dannosi sia più legata alle modalità di allevamento degli animali, di cottura e di conservazione che non alla carne stessa e basta. Si dovrebbe parlare maggiormente di scelte sostenibili, nei confronti dell’ambiente, di se stessi e del prossimo, invitando alla moderazione e alla sensibilizzazione verso il non-spreco alimentare (speriamo che l'Expo 2015 agisca proprio in questa direzione insieme al Protocollo di Milano); vorrei che si parlasse più spesso di scelte salutari a 360 gradi, non conferendo all'alimentazione da sola la proprietà di benessere/malessere, ma osservando più attentamente l'impatto sulla salute dell'azione sinergica con l'attività fisica, il proprio corredo genetico, la sospensione del fumo, la riduzione dello stress, il raggiungimento di un maggior benessere psichico; vorrei che mi si dicesse che essere vegetariani/vegani sia una scelta etica personale e non trasformarlo in un’azione obbligatoria per tutti, correlandola alle teorie dell’homo sapiens  erbivoro (perché non avrebbe denti, enzimi e apparato digerente adatti alla carne ecc. ecc) e corbellerie simili; mi piacerebbe che tutto quello che non è vegano non fosse sempre e solo ricondotto unicamente al complotto, agli interessi delle multinazionali del farmaco e al fatto che “il sistema” è interessato solo a farci ammalare per poi poterci curare con mezzi privi di efficacia o addirittura nocivi (generalizzazioni pericolose e poco costruttive). Basti osservare nei supermercati come sia cambiata l'offerta, arricchendosi di prodotti INDUSTRIALI spacciati come vegani per coprire un nuovo tipo di domanda (e mi fa sorridere se una persona creda che essere semplicemente vegano sia sufficiente a boicottare l'industria del food). Ma non solo. L’interesse economico è soprattutto dietro apparenti messaggi di “salvataggio dell’umanità”, che poi si risolvono in proficua vendita di libri, prodotti, appuntamenti, convegni a pagamento e così via (tornando al caso del Sig. Antonio e della nutrizionista crudista: subito dopo la trasmissione e nel ciclone delle polemiche, era circolata la notizia che fosse stata licenziata dall’ospedale in cui eseguiva consulenze, proprio a causa di quel servizio televisivo. Vere e proprie marce di solidarietà su facebook a suon di click. Peccato che nessuno abbia mai precisato che trattavasi della solita bufala, nessun licenziamento e in più, grazie alla pubblicità in prima serata, la Dott.ssa terrà ben 12 conferenze, a pagamento, in giro per l’Italia, oltre all'apertura di una gelateria vegana a Milano. Più che una salvatrice dell'umanita, a me questa sembra un'abile imprenditrice!). 

Quello che voglio dire è: cerchiamo di non prendere in giro nessuno. Finiamocela di convincere i più creduloni con dei dati falsi o interpretati in modo fazioso. Diciamo la verità nuda e cruda (e anche crudista, perché no!), senza però proporre pozioni e senza infiocchettarla di poteri magici o significati filosofico-scientifici. 
La cultura vegana ha tanto da insegnare, ha una base di ottime idee ed intenzioni, con una profonda ideologia (condivisibile o meno), ma si perde in quanto a credibilità scientifica per colpa di alcuni suoi poco professionali rappresentanti e nelle loro pressappocherie/mistificazioni, generando nella comunità scientifica grande diffidenza e forte opposizione.
Un atteggiamento più moderato da parte di tutti porterebbe un lavoro più organico e ben fatto, assicurando agli utenti finali un servizio migliore, minore confusione e tanta salute in più, a debita distanza da cialtroni di varia natura.